Cookie che fine faranno? Google ha confermato che entro la fine del 2024 spariranno.

Cookie che fine faranno? Google ha confermato che entro la fine del 2024 spariranno.

La decisione di Google di eliminare il supporto ai cookie di terze parti nel 2024 provocherà un effetto domino inevitabile. In poche parole, il retargeting, che ci ha abituato a visualizzare annunci pubblicitari correlati alle nostre ricerche precedenti, sarà il primo ad andare in fumo. Le parole di Marcello Gruppo, Insights Director per il Sud Europa presso Ogury, una società specializzata in pubblicità personalizzata online, spiegano tutto…

“Visito un sito di scarpe, poi vado su un sito di news e in un suo box pubblicitario non vedrò più la pubblicità di un prodotto relativo al primo sito”.

In pratica, i cookie che il nostro browser raccoglie dai siti web e che ci identificano in base alle nostre attività online, compresi i nostri gusti e interessi, diventeranno privi di valore. Saranno ridotti a semplici file anonimizzati che serviranno solo a scopi tecnici, fornendo informazioni sul tipo di dispositivo e software utilizzati.

Cookie che fine faranno?

Google ha già rimandato più volte questa transizione. Ma ora è ufficiale! A partire dal 1º gennaio 2024 verrà avviato un ambiente di test senza cookie, in cui verrà indirizzato solo l’1% del traffico di navigazione. Entro la fine dell’anno, la transizione sarà completa. Inoltre, lo scorso febbraio è stato rilasciato il primo kit di sviluppo dedicato alle app Android senza tracciamento. A giugno le vecchie metodologie analitiche saranno abbandonate definitivamente con l’introduzione di Google Analytics 4.

In breve, le aziende perderanno sia i cookie di terze parti che gli identificatori per la pubblicità mobile (Maid), che sono univoci per ogni smartphone. E saranno costrette a individuare strategie alternative per personalizzare l’esperienza utente, dalla comunicazione alla pubblicità. Secondo uno studio recente del Boston Consulting Group si stima che le imprese potrebbero perdere dal 1% al 5% del fatturato a causa di questa rivoluzione, anche con gli stessi investimenti.

Inoltre, un recente sondaggio globale condotto da Idc per conto di Ogury su un campione di mille dirigenti di grandi marchi e centri media ha confermato le preoccupazioni riguardo a questa transizione. Più della metà degli inserzionisti (60%) ritiene che il tracciamento degli utenti rappresenti un rischio per la reputazione del brand. Mentre il 56% pensa che i cookie e gli identificatori siano una minaccia per la privacy degli utenti. Inoltre, il 60% crede che la fine della disponibilità di questi strumenti sia solo una questione di tempo.

Tuttavia, il 41% del campione ammette di avere una conoscenza limitata o di ignorare completamente metodi di targeting diversi da quelli basati sugli identificatori come i cookie. Solo il 49% dei centri media e il 39% dei brand suppone di conoscere come raggiungere il proprio pubblico su diverse scale dopo l’eliminazione dei cookie di terze parti. È chiaro che le aziende dovranno affrontare sfide significative nel trovare nuove strategie pubblicitarie efficaci in un panorama in rapida evoluzione.

La soluzione c’è: “personas”

Ogury ha preso in mano le redini del gioco molto prima dell’entrata in vigore del Gdpr nel 2019. In qualità di intermediario tra i giganti della pubblicità come Barilla, Lavazza, Volkswagen e gli editori di spicco come ItaliaOnLine, Sport Network e AdPlay Media Holding, Ogury ha iniziato a chiedere il consenso degli utenti per raccogliere dati.

Oggi, hanno sviluppato una piattaforma rivoluzionaria che si basa sulle tipologie di pubblico che visitano un sito web o utilizzano un’app, invece che fare affidamento sui dati di identificazione singoli. Questo approccio innovativo mira a emanciparsi completamente dai meccanismi controllati dalle Big Tech e dai regolatori, e non dovrebbe spaventare gli editori. Anzi, rappresenta un’opportunità straordinaria.

Marcello Gruppo sottolinea che nel corso del tempo, l’industria, quasi ubriacata dal potere dei cookie, ha spinto troppo sul tracciamento dei dati personali. E senza valutare i rischi e le conseguenze che poi si sono manifestate in clamorosi casi internazionali. La soluzione, quindi, risiede nella creazione di un pubblico di “personas” per le campagne pubblicitarie, un’audience caratterizzata da caratteristiche simili. “Entrano in gioco variabili statistiche dove secondo gli studi si riescono a costruire grandi agglomerati che aderiscono fino al 95% della realtà. E questa operazione noi la facciamo applicando l’intelligenza artificiale ai dati di uno storico comportamentale anonimizzato raccolto per 7 anni abbinato a costanti sondaggi online sui siti degli editori”, spiega il manager.

Il punto di vista della Ogury

Negli ultimi due anni, Ogury ha esplorato una vastissima base di dati riguardante siti web e applicazioni. E ha individuato trend di interesse e fruizione degli utenti. Successivamente, si sono concentrati sui contenuti in generale e sulle relative caratteristiche, nonché su altri elementi tecnici che distinguono le diverse piattaforme e dispositivi. I costanti sondaggi condotti sui siti hanno consentito di qualificare ulteriormente le audience, perfezionando le valutazioni basate sul corpus dati iniziale. Tutto ciò ha permesso di realizzare proiezioni che consentono di comprendere l’impatto potenziale di una campagna su un sito o altra piattaforma online.

Boston Consulting Group stessa è convinta che un approccio basato sulla privacy predefinita. Ovvero una protezione dei dati personali garantita a tutti, possa creare fiducia tra gli stakeholder. E che possa consentire di recuperare tra il 10% e il 30% di efficienza negli investimenti. Questa nuova prospettiva getta una luce promettente sul futuro della pubblicità e della privacy online.

“Abbiamo una doppia anima: una parte lavora con l’editoria e l’altra con i clienti adv. Ma la più grande sfida rimane quella di far comprendere la complessità del meccanismo. Perché, se da una parte assicuriamo indicatori di prestazione come in qualunque altro settore, dall’altra di fatto promettiamo di essere in grado di associare a cose inanimate caratteristiche umane. E forse qualcuno crede che non sia possibile, ma questo è il lavoro dell’analisi dati, l’intelligenza artificiale”, conclude Gruppo.